1) Ci piacciono i bambini degli altri.
2) Amiamo essere zie o zii ad honorem perché sappiamo che non siamo noi a crescerli.
3) Preferiamo che i “nostri “ bambini abbiano più di 2 zampe.
4) Impazziamo quando un bambino sbava.
5) Preferiamo pulire la lettiera del gatto o fare il bagno antipulci al cane piuttosto che cambiare un pannolino.
6) Non sentiamo i rintocchi dell’orologio biologico.
7) Siamo stanchi di essere trattati come pazzi, guardati con ostilità e sospetto per le nostre scelte e di sentirci dire che c’è qualcosa di sbagliato in noi perché non vogliamo riprodurci.
8) Rispettiamo la scelta di coloro che hanno deciso di avere dei figli.
9) Ci aspettiamo il medesimo rispetto da coloro che hanno figli per la nostra scelta di non averne.
10) Pensiamo che per sentirsi una “famiglia” sia sufficiente essere in due.
11) Aspettiamo con ansia il giorno in cui i nostri parenti ed amici accetteranno la nostra scelta.
lunedì 18 giugno 2007
martedì 12 giugno 2007
"Figli? No, grazie!" - articolo del Sole 24 Ore
http://www.golemindispensabile.ilsole24ore.com/index.php?_idnodo=8722
Pare proprio che sia in corso una sorta di silenziosa mutazione: donne stabilmente in unione sembrano apprezzare gli agi di una vita senza figli, gestita con molta libertà e senza troppi vincoli. Si scoprono sprovviste dell'istinto di maternità e dichiarano schiettamente che la loro vita è già così straripante di impegni ed interessi che un figlio sarebbe proprio di troppo!...
...Sembra che si stia diffondendo anche in Italia la scelta volontaria di restare senza figli. Fino a pochi anni fa si pensava che il fenomeno fosse del tutto marginale e neppure meritevole di uno studio specifico. Si riteneva che restare senza figli fosse il risultato inatteso di una serie di circostanze della vita che impedivano in qualche modo la fecondità (ad esempio l'esclusione dal matrimonio). Quasi nessuna giovane donna dichiarava di non volere figli, mentre oggi secondo l'Eurobarometro (Goldstein et al. 2003) circa il 6% delle italiane tra 20 e 30 anni afferma chiaramente di non avere intenzione, in futuro, di diventare madre: una percentuale non trascurabile e soprattutto in rapido aumento..."
"«Vi aspettiamo. La vostra vacanza non sarà disturbata dagli schiamazzi dei bambini...».
(da un annuncio pubblicitario di un resort toscano vietato ai minori)
Pare proprio che sia in corso una sorta di silenziosa mutazione: donne stabilmente in unione sembrano apprezzare gli agi di una vita senza figli, gestita con molta libertà e senza troppi vincoli. Si scoprono sprovviste dell'istinto di maternità e dichiarano schiettamente che la loro vita è già così straripante di impegni ed interessi che un figlio sarebbe proprio di troppo!...
...Sembra che si stia diffondendo anche in Italia la scelta volontaria di restare senza figli. Fino a pochi anni fa si pensava che il fenomeno fosse del tutto marginale e neppure meritevole di uno studio specifico. Si riteneva che restare senza figli fosse il risultato inatteso di una serie di circostanze della vita che impedivano in qualche modo la fecondità (ad esempio l'esclusione dal matrimonio). Quasi nessuna giovane donna dichiarava di non volere figli, mentre oggi secondo l'Eurobarometro (Goldstein et al. 2003) circa il 6% delle italiane tra 20 e 30 anni afferma chiaramente di non avere intenzione, in futuro, di diventare madre: una percentuale non trascurabile e soprattutto in rapido aumento..."
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mercoledì 6 giugno 2007
Childfree? In Italia è ancora tabù
Riporto una parte di questo intervento che ho trovato sulla Rete:
http://www.rientrodolce.org/index.php?option=com_content&task=view&id=339&Itemid=1
"Sostenere la cultura childfree non significa voler convincere le persone che invece i figli li desiderano a non procreare, perché la cultura childfree si fonda proprio su questo assunto e cioè che la procreazione deve essere una libera scelta fondata sugli interessi e le inclinazioni individuali.
In qualsiasi società ci saranno sempre persone che amano prendersi cura dei bambini, che gradiscono la loro compagnia, che trovano appagante il ruolo di genitore ed è quindi giusto che siano queste persone a perpetuare la specie umana e non coloro che invece per carattere, per interessi, per stile di vita, per inclinazioni personali non hanno la disponibilità né psicologica, né materiale ad assumere il ruolo di genitore.
Accade spesso infatti che persone che non hanno alcun interesse né desiderio verso la procreazione vi siano indotte da stereotipi culturali ancora diffusi come quello che la nascita di un bambino costituirebbe il coronamento, la massima realizzazione di un rapporto d’amore tra due persone, come quello ancora più insidioso che la maternità è la priorità esistenziale di qualsiasi persona di sesso femminile, quando non anche l’essenza stessa della persona di sesso femminile, sicché la donna - senza l’accessorio del figlio - è una figura incompleta, vuota, priva di senso e inutile.
Ancora diffusa è anche l’idea che mettere al mondo un figlio risolva i problemi esistenziali o possa dare un significato e un freno ad una vita disordinata. In particolare quest’ultima concezione è forse responsabile dei danni che tanti figli hanno subito da genitori mentalmente instabili, depressi, caratterialmente deviati che hanno pensato di risolvere i propri problemi regolarizzando la propria esistenza attraverso l’opzione familistica e procreativa.
Spesso gli individui che decidono di non avere figli vengono accusati di egoismo quasi che da loro soli dipendesse la continuità della specie umana. Le società complesse, non afflitte in maniera stringente dal problema della consistenza numerica, come potevano essere le piccole tribù delle società arcaiche, possono permettersi che una certa percentuale dei loro membri si sottragga alla funzione riproduttiva, come testimonia anche l’istituzione cristiana del monachesimo e del celibato sacerdotale. È ovvio che la scelta di escludere totalmente la procreazione dalla propria vita resterà sempre una scelta minoritaria, visto che comunque la maggior parte delle persone ha una buona disposizione verso gli infanti e magari differisce soltanto la procreazione magari per motivi economici. E tuttavia per quanto si tratti di una scelta minoritaria, le persone che l’hanno fatta hanno diritto ad essere rispettate in quanto tali dalla società (senza che si tenti di negare la rilevanza della loro volontà di non procreare, assimilandola ad un capriccio passeggero) e soprattutto devono poter usufruire della possibilità di difendersi fisicamente dalla procreazione indesiderata attraverso la sterilizzazione volontaria (legatura delle tube o loro occlusione con il metodo Essure nella femmina e vasectomia nel maschio) che per queste persone è la forma di contraccezione più idonea, in quanto assicura il massimo del successo con la totale assenza di effetti avversi. Infatti, per una persona che desidera escludere la procreazione dalla propria vita la non reversibilità del mezzo contraccettivo non è uno svantaggio, ma al contrario è qualcosa di desiderato.
Ma il problema è che, soprattutto in Italia, anche il solo dichiararsi childfree è un tabù, i rotocalchi sono pieni di bellissime “dive” ultratrentacinquenni, che con tutta evidenza hanno escluso la procreazione dalla propria vita, ma che continuano a sentirsi in dovere (ovviamente per non perdere in popolarità) di dire che desiderano un figlio e di volerlo fare non appena arriverà il momento opportuno..."
http://www.rientrodolce.org/index.php?option=com_content&task=view&id=339&Itemid=1
"Sostenere la cultura childfree non significa voler convincere le persone che invece i figli li desiderano a non procreare, perché la cultura childfree si fonda proprio su questo assunto e cioè che la procreazione deve essere una libera scelta fondata sugli interessi e le inclinazioni individuali.
In qualsiasi società ci saranno sempre persone che amano prendersi cura dei bambini, che gradiscono la loro compagnia, che trovano appagante il ruolo di genitore ed è quindi giusto che siano queste persone a perpetuare la specie umana e non coloro che invece per carattere, per interessi, per stile di vita, per inclinazioni personali non hanno la disponibilità né psicologica, né materiale ad assumere il ruolo di genitore.
Accade spesso infatti che persone che non hanno alcun interesse né desiderio verso la procreazione vi siano indotte da stereotipi culturali ancora diffusi come quello che la nascita di un bambino costituirebbe il coronamento, la massima realizzazione di un rapporto d’amore tra due persone, come quello ancora più insidioso che la maternità è la priorità esistenziale di qualsiasi persona di sesso femminile, quando non anche l’essenza stessa della persona di sesso femminile, sicché la donna - senza l’accessorio del figlio - è una figura incompleta, vuota, priva di senso e inutile.
Ancora diffusa è anche l’idea che mettere al mondo un figlio risolva i problemi esistenziali o possa dare un significato e un freno ad una vita disordinata. In particolare quest’ultima concezione è forse responsabile dei danni che tanti figli hanno subito da genitori mentalmente instabili, depressi, caratterialmente deviati che hanno pensato di risolvere i propri problemi regolarizzando la propria esistenza attraverso l’opzione familistica e procreativa.
Spesso gli individui che decidono di non avere figli vengono accusati di egoismo quasi che da loro soli dipendesse la continuità della specie umana. Le società complesse, non afflitte in maniera stringente dal problema della consistenza numerica, come potevano essere le piccole tribù delle società arcaiche, possono permettersi che una certa percentuale dei loro membri si sottragga alla funzione riproduttiva, come testimonia anche l’istituzione cristiana del monachesimo e del celibato sacerdotale. È ovvio che la scelta di escludere totalmente la procreazione dalla propria vita resterà sempre una scelta minoritaria, visto che comunque la maggior parte delle persone ha una buona disposizione verso gli infanti e magari differisce soltanto la procreazione magari per motivi economici. E tuttavia per quanto si tratti di una scelta minoritaria, le persone che l’hanno fatta hanno diritto ad essere rispettate in quanto tali dalla società (senza che si tenti di negare la rilevanza della loro volontà di non procreare, assimilandola ad un capriccio passeggero) e soprattutto devono poter usufruire della possibilità di difendersi fisicamente dalla procreazione indesiderata attraverso la sterilizzazione volontaria (legatura delle tube o loro occlusione con il metodo Essure nella femmina e vasectomia nel maschio) che per queste persone è la forma di contraccezione più idonea, in quanto assicura il massimo del successo con la totale assenza di effetti avversi. Infatti, per una persona che desidera escludere la procreazione dalla propria vita la non reversibilità del mezzo contraccettivo non è uno svantaggio, ma al contrario è qualcosa di desiderato.
Ma il problema è che, soprattutto in Italia, anche il solo dichiararsi childfree è un tabù, i rotocalchi sono pieni di bellissime “dive” ultratrentacinquenni, che con tutta evidenza hanno escluso la procreazione dalla propria vita, ma che continuano a sentirsi in dovere (ovviamente per non perdere in popolarità) di dire che desiderano un figlio e di volerlo fare non appena arriverà il momento opportuno..."
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Childfree o madri martiri?
Riporto questo interessantissimo intervento di una donna direttamente dal suo blog Mondodonna:
http://mondodonna.blogosfere.it/2006/04/childfree-o-mad.html
"...una recente ricerca (riportata dalla Bbc) ha dato nuova forza a queste donne che sono ormai (quasi) libere di dire “no, grazie”, senza sentirsi additare come mostri.
Esistono anche un’associazione UK e una mondiale che spiegano tra l’altro la sottile distinzione linguistica: non child – less, suffisso che indica privazione e quindi una scelta imposta dalla natura o dalle circostanze, ma child – free, liberamente e consapevolmente...
...A me non può che fare piacere, visto che non ho figli, non dico che non ne avrò mai, ma anche se così dovesse essere, non sarà un dramma.
Ma soprattutto voglio che una scelta personale di vita non venga mai più stigmatizzata, additata, vivisezionata. Credo non sia più da dimostrare a nessuno che la vita di una donna (e di una coppia) possa essere ricca, allegra e piena di senso anche senza figli..."
http://mondodonna.blogosfere.it/2006/04/childfree-o-mad.html
"...una recente ricerca (riportata dalla Bbc) ha dato nuova forza a queste donne che sono ormai (quasi) libere di dire “no, grazie”, senza sentirsi additare come mostri.
Esistono anche un’associazione UK e una mondiale che spiegano tra l’altro la sottile distinzione linguistica: non child – less, suffisso che indica privazione e quindi una scelta imposta dalla natura o dalle circostanze, ma child – free, liberamente e consapevolmente...
...A me non può che fare piacere, visto che non ho figli, non dico che non ne avrò mai, ma anche se così dovesse essere, non sarà un dramma.
Ma soprattutto voglio che una scelta personale di vita non venga mai più stigmatizzata, additata, vivisezionata. Credo non sia più da dimostrare a nessuno che la vita di una donna (e di una coppia) possa essere ricca, allegra e piena di senso anche senza figli..."
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lunedì 28 maggio 2007
"Il coraggio di essere DINK" - il libro
Sottotitolo: "Vizi e virtù della “coppia single”
Autore: Michela Pettinà
Anno: 2006
Editore: Effedue Edizioni
Prezzo: € 10
L’uomo e la donna dink vengono spiati nelle loro vicissitudini quotidiane, dalle carambole nel traffico per schivare i monovolume delle mamme “pargolo-dipendenti”, alle transumanze del sabato, alla ricerca dell’outlet più trendy e al contempo più conveniente.
Sempre insieme, almeno per quanto gli impegni professionali possano loro permettere, organizzano spesa, week end, vacanze, e persino il loro matrimonio, con l’ausilio di computer portatile e funzioni matematiche, convinti, spesso a torto, di riuscire ad evitare quegli inconvenienti che la vita immancabilmente riserva a chiunque.
Con brevi intrusioni nella loro vita ad “alto livello reddituale”, il libro racconta le loro nevrosi di coppia perfetta e quelle, anche più complesse, del vario genere umano con cui vengono in contatto.
"Molte persone, soprattutto donne, non hanno ancora capito che si può essere felici, da sposati, anche senza sfornare un pargoletto entro i primi due mesi di convivenza. Non che il libro, comunque, voglia essere il manifesto di una qualsivoglia teoria di “supercoppia”: racconta semplicemente come vivono e si divertono i dink, senza pannolini da cambiare, bimbi da portare al mare “perché c’è lo iodio” o ingombranti monovolume, tappezzati di Titti e Topolino, da parcheggiare...
I dink, pur con le loro schizofrenie, vivono un rapporto di coppia molto equilibrato e soddisfacente, come invece non capita a molte famiglie con figli a carico. Questo non vuol dire che chi è dink per i primi anni di matrimonio sia destinato ad esserlo per tutta la vita, ma certo aver avuto una luna di miele di una mezza dozzina d’anni o più aiuta molto quando si decide di ascoltare l’orologio biologico”.
Autore: Michela Pettinà
Anno: 2006
Editore: Effedue Edizioni
Prezzo: € 10
L’uomo e la donna dink vengono spiati nelle loro vicissitudini quotidiane, dalle carambole nel traffico per schivare i monovolume delle mamme “pargolo-dipendenti”, alle transumanze del sabato, alla ricerca dell’outlet più trendy e al contempo più conveniente.
Sempre insieme, almeno per quanto gli impegni professionali possano loro permettere, organizzano spesa, week end, vacanze, e persino il loro matrimonio, con l’ausilio di computer portatile e funzioni matematiche, convinti, spesso a torto, di riuscire ad evitare quegli inconvenienti che la vita immancabilmente riserva a chiunque.
Con brevi intrusioni nella loro vita ad “alto livello reddituale”, il libro racconta le loro nevrosi di coppia perfetta e quelle, anche più complesse, del vario genere umano con cui vengono in contatto.
"Molte persone, soprattutto donne, non hanno ancora capito che si può essere felici, da sposati, anche senza sfornare un pargoletto entro i primi due mesi di convivenza. Non che il libro, comunque, voglia essere il manifesto di una qualsivoglia teoria di “supercoppia”: racconta semplicemente come vivono e si divertono i dink, senza pannolini da cambiare, bimbi da portare al mare “perché c’è lo iodio” o ingombranti monovolume, tappezzati di Titti e Topolino, da parcheggiare...
I dink, pur con le loro schizofrenie, vivono un rapporto di coppia molto equilibrato e soddisfacente, come invece non capita a molte famiglie con figli a carico. Questo non vuol dire che chi è dink per i primi anni di matrimonio sia destinato ad esserlo per tutta la vita, ma certo aver avuto una luna di miele di una mezza dozzina d’anni o più aiuta molto quando si decide di ascoltare l’orologio biologico”.
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L'importanza di viaggiare leggeri
L'intero articolo lo potete leggere su:
http://www.caffeeuropa.it/attualita02/141trentenni-leggeri.html
Di seguito alcuni estratti:
"E' stato un vero e proprio outing, quello di Gabriele Romagnoli: sulle pagine de la Repubblica il giornalista e scrittore è uscito allo scoperto rivelandosi non già gay o sangue misto, ma Dink, cioé la metà maschile di una coppia con doppio reddito e senza bambini, e soprattutto membro di una comunità sempre crescente di trenta-quarantenni (Romagnoli sta proprio sulla cuspide) che hanno fatto analoghe scelte di vita...
Prima di dire che la scelta di non avere figli sia solo una questione di egoismo bisogna guardare alle altre motivazioni" esordisce Romagnoli. "Certo, molti dei Dink che vedo intorno a me hanno privilegiato la carriera rispetto alla vita privata, ma c'è anche altro, ad esempio il terrore di mettere al mondo bambini in un mondo peggiore, un terrore che non è mai stato vero come adesso. La mia è una generazione più consapevole, il nuovo che avanzava ci ha davvero spaventato.
In più abbiamo fatto un esame di coscienza e abbiamo ammesso una nostra inadeguatezza al ruolo di genitore, almeno per ora. Perché assumersi questa responsabilità col rischio di sbagliare? Non c'è bisogno di fare figli quando uno sa di non avere il tipo di situazione domestica o lavorativa nella quale un bambino può crescere. Di fronte a questa consapevolezza rinviare è anche una questione di saggezza....
Quasi tutte quelle che conosco vengono da mondi molto lontani fra loro, hanno opinioni diverse, non sono uniformi, mentre la coppia che si riproduce condivide un universo, crede che moglie e buoi debbano essere dei paesi tuoi, ha una stessa opinione politica. Ma nella coppia Dink paradossalmente ci sono meno conflitti, perché l'uno è interessato al mondo dell'altro, trovi persone new age che convivono con materialisti convinti, non per mancanza di personalità, ma per interesse verso una persona completamente diversa. Credo che stare con una persona che proviene da un altro mondo, che ha un'altra visione rispetto a quella da cui provieni tu, sia una forma di arricchimento. Alla sera non si parla sempre della stessa cosa. I Dink sono più aperti, e hanno trovato l'altra metà della mela."
http://www.caffeeuropa.it/attualita02/141trentenni-leggeri.html
Di seguito alcuni estratti:
"E' stato un vero e proprio outing, quello di Gabriele Romagnoli: sulle pagine de la Repubblica il giornalista e scrittore è uscito allo scoperto rivelandosi non già gay o sangue misto, ma Dink, cioé la metà maschile di una coppia con doppio reddito e senza bambini, e soprattutto membro di una comunità sempre crescente di trenta-quarantenni (Romagnoli sta proprio sulla cuspide) che hanno fatto analoghe scelte di vita...
Prima di dire che la scelta di non avere figli sia solo una questione di egoismo bisogna guardare alle altre motivazioni" esordisce Romagnoli. "Certo, molti dei Dink che vedo intorno a me hanno privilegiato la carriera rispetto alla vita privata, ma c'è anche altro, ad esempio il terrore di mettere al mondo bambini in un mondo peggiore, un terrore che non è mai stato vero come adesso. La mia è una generazione più consapevole, il nuovo che avanzava ci ha davvero spaventato.
In più abbiamo fatto un esame di coscienza e abbiamo ammesso una nostra inadeguatezza al ruolo di genitore, almeno per ora. Perché assumersi questa responsabilità col rischio di sbagliare? Non c'è bisogno di fare figli quando uno sa di non avere il tipo di situazione domestica o lavorativa nella quale un bambino può crescere. Di fronte a questa consapevolezza rinviare è anche una questione di saggezza....
Quasi tutte quelle che conosco vengono da mondi molto lontani fra loro, hanno opinioni diverse, non sono uniformi, mentre la coppia che si riproduce condivide un universo, crede che moglie e buoi debbano essere dei paesi tuoi, ha una stessa opinione politica. Ma nella coppia Dink paradossalmente ci sono meno conflitti, perché l'uno è interessato al mondo dell'altro, trovi persone new age che convivono con materialisti convinti, non per mancanza di personalità, ma per interesse verso una persona completamente diversa. Credo che stare con una persona che proviene da un altro mondo, che ha un'altra visione rispetto a quella da cui provieni tu, sia una forma di arricchimento. Alla sera non si parla sempre della stessa cosa. I Dink sono più aperti, e hanno trovato l'altra metà della mela."
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venerdì 2 marzo 2007
Articolo "a favore" pubblicato su Dweb (Repubblica)
L'intero articolo lo potete leggere su:
www.dweb.repubblica.it/dweb/2001/12/23/attualita/attualita/066str23266.html
Di seguito alcuni estratti:
"...I figli non sono più, da tempo, ciò che tiene in vita le coppie, anzi...Possiamo considerare i Dink come solide avanguardie del futuro", osserva Francesco Morace, sociologo, presidente del Future Trend Lab di Milano. "Fanno parte delle 567 mila coppie che al 1998, secondo l'Istat, non avevano mai procreato", scrive Fiammetta Bonazzi nel libro "Dink, Doppio reddito niente bambini" (Castelvecchi). In Europa, i Dink rappresentano un nuovo ceto di riferimento sociale e consumistico. Un'indagine Eurostat condotta su 148 milioni di famiglie dell'Ue indicava già nel 1994 che le coppie senza figli, indipendentemente dalle cause, erano pari al 19%. Ovvero quasi un nucleo su cinque, con punte del 24% in Germania, del 22% in Gran Bretagna, del 21% in Francia, mentre l'Italia presentava un 14%. La novità è nel vivere l'assenza di prole in modo trionfante, piuttosto che come una mancanza o un fallimento. Ma anche nell'avere doppia carriera e doppio reddito. "Un famiglia centrata solo sui partner", sottolinea Saraceno, "che rispecchia la convinzione di poter avere i figli quando si vuole. Quello che colpisce non è tanto che i due aspettino a diventare genitori, ma che dicano: 'Prima voglio fare questo, questo e quest'altro ancora'. Non si tratta solo di legittime strategie rispetto alla carriera, specie per le donne che altrimenti rischierebbero di perdere il treno, ma soprattutto di: 'Voglio fare cose che mi divertano'. Un atteggiamento più esplicito di qualche decennio fa. Ma forse, allora, eravamo più fasulle. Volevamo lo stesso non avere figli e fare quello che ci piaceva, ma avevamo bisogno di motivazioni nobili, come l'impegno politico". Comunque adesso, molto più che negli anni Sessanta, la situazione normale è essere infecondi. "L'uso dei contraccettivi è ormai così diffuso", insiste Saraceno, "che tornare alla fecondità deve essere una scelta intenzionale. C'è dunque un sovraccarico di decisionalità. Quand'è che sono pronta?". Un'evoluzione femminile che, secondo Fiammetta Bonazzi, coglie di sorpresa il maschio, costretto ad avere a che fare con una donna responsabile di se stessa, della famiglia, del lavoro. La situazione lo ha lasciato disorientato: non più pater familias ma amico. "Nella classica coppia Dink, entrambi i partner sono sicuri della loro scelta", continua Bonazzi. "La sessualità è molto importante perché fa parte della componente ludica, giocosa, che è alla base dell'intesa. Quando va in crisi, viene meno una componente fondamentale. Sotto questo aspetto, la coppia Dink è molto impegnativa: richiede di essere continuamente vivificata, rigenerata, ricreata". I due sono felici? "Sì, finché riescono a ignorare i modelli culturali dominanti. Finché sanno tenere alta la loro scelta con leggerezza. Finché rimangono liberi di testa, capaci di vivere nel presente". Vivere nel presente? "Sì, perché tutto quello che li sposta verso obbiettivi futuri, un po' li spaventa. Non a caso i Dink sono innamorati di Internet, il regno del non tempo. La Rete è uno specchio del nostro mondo, dove però non esistono passato né futuro. C'è, in queste persone, la convinzione che, grazie alle nuove tecnologie, il figlio si possa fare sempre più in là, che ci si possa clonare, o comunque riprodurre in modi non tradizionali, slegati dai condizionamenti biologici". Il loro identikit? "Tra i 30 e i 50 anni, metropolitani, del nord, laureati spesso con master, ad alto reddito, viaggiatori indefessi, curiosi..."
www.dweb.repubblica.it/dweb/2001/12/23/attualita/attualita/066str23266.html
Di seguito alcuni estratti:
"...I figli non sono più, da tempo, ciò che tiene in vita le coppie, anzi...Possiamo considerare i Dink come solide avanguardie del futuro", osserva Francesco Morace, sociologo, presidente del Future Trend Lab di Milano. "Fanno parte delle 567 mila coppie che al 1998, secondo l'Istat, non avevano mai procreato", scrive Fiammetta Bonazzi nel libro "Dink, Doppio reddito niente bambini" (Castelvecchi). In Europa, i Dink rappresentano un nuovo ceto di riferimento sociale e consumistico. Un'indagine Eurostat condotta su 148 milioni di famiglie dell'Ue indicava già nel 1994 che le coppie senza figli, indipendentemente dalle cause, erano pari al 19%. Ovvero quasi un nucleo su cinque, con punte del 24% in Germania, del 22% in Gran Bretagna, del 21% in Francia, mentre l'Italia presentava un 14%. La novità è nel vivere l'assenza di prole in modo trionfante, piuttosto che come una mancanza o un fallimento. Ma anche nell'avere doppia carriera e doppio reddito. "Un famiglia centrata solo sui partner", sottolinea Saraceno, "che rispecchia la convinzione di poter avere i figli quando si vuole. Quello che colpisce non è tanto che i due aspettino a diventare genitori, ma che dicano: 'Prima voglio fare questo, questo e quest'altro ancora'. Non si tratta solo di legittime strategie rispetto alla carriera, specie per le donne che altrimenti rischierebbero di perdere il treno, ma soprattutto di: 'Voglio fare cose che mi divertano'. Un atteggiamento più esplicito di qualche decennio fa. Ma forse, allora, eravamo più fasulle. Volevamo lo stesso non avere figli e fare quello che ci piaceva, ma avevamo bisogno di motivazioni nobili, come l'impegno politico". Comunque adesso, molto più che negli anni Sessanta, la situazione normale è essere infecondi. "L'uso dei contraccettivi è ormai così diffuso", insiste Saraceno, "che tornare alla fecondità deve essere una scelta intenzionale. C'è dunque un sovraccarico di decisionalità. Quand'è che sono pronta?". Un'evoluzione femminile che, secondo Fiammetta Bonazzi, coglie di sorpresa il maschio, costretto ad avere a che fare con una donna responsabile di se stessa, della famiglia, del lavoro. La situazione lo ha lasciato disorientato: non più pater familias ma amico. "Nella classica coppia Dink, entrambi i partner sono sicuri della loro scelta", continua Bonazzi. "La sessualità è molto importante perché fa parte della componente ludica, giocosa, che è alla base dell'intesa. Quando va in crisi, viene meno una componente fondamentale. Sotto questo aspetto, la coppia Dink è molto impegnativa: richiede di essere continuamente vivificata, rigenerata, ricreata". I due sono felici? "Sì, finché riescono a ignorare i modelli culturali dominanti. Finché sanno tenere alta la loro scelta con leggerezza. Finché rimangono liberi di testa, capaci di vivere nel presente". Vivere nel presente? "Sì, perché tutto quello che li sposta verso obbiettivi futuri, un po' li spaventa. Non a caso i Dink sono innamorati di Internet, il regno del non tempo. La Rete è uno specchio del nostro mondo, dove però non esistono passato né futuro. C'è, in queste persone, la convinzione che, grazie alle nuove tecnologie, il figlio si possa fare sempre più in là, che ci si possa clonare, o comunque riprodurre in modi non tradizionali, slegati dai condizionamenti biologici". Il loro identikit? "Tra i 30 e i 50 anni, metropolitani, del nord, laureati spesso con master, ad alto reddito, viaggiatori indefessi, curiosi..."
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venerdì 23 febbraio 2007
Articolo contro le coppie DINK
Partiamo da qui...
vi sottopongo all'attenzione questo articolo che ho trovato in Rete non favorevole alle coppie DINK,
ditemi la vostra...
www.caffeeuropa.it/attualita02/141trentenni-bonazzi.html
"Dink è uno dei milioni di acronimi con i quali gruppi di esseri umani sono stati catalogati da sociologi e mass media, e sta per "double income no kids", ovvero "doppio reddito niente bambini". A dire il vero, i Dink non sono una vera e propria generazione, anche se la maggior parte di loro viaggiano fra i trenta e i quarant'anni, e comunque hanno fatto in quel periodo la loro particolare scelta di vita. Più che l'età, li accomuna una predisposizione mentale, un "territorio valoriale", come l'ha definito il sociologo Francesco Morace..."
vi sottopongo all'attenzione questo articolo che ho trovato in Rete non favorevole alle coppie DINK,
ditemi la vostra...
www.caffeeuropa.it/attualita02/141trentenni-bonazzi.html
"Dink è uno dei milioni di acronimi con i quali gruppi di esseri umani sono stati catalogati da sociologi e mass media, e sta per "double income no kids", ovvero "doppio reddito niente bambini". A dire il vero, i Dink non sono una vera e propria generazione, anche se la maggior parte di loro viaggiano fra i trenta e i quarant'anni, e comunque hanno fatto in quel periodo la loro particolare scelta di vita. Più che l'età, li accomuna una predisposizione mentale, un "territorio valoriale", come l'ha definito il sociologo Francesco Morace..."
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Il primo blog dedicato alle coppie DINK italiane
Primo blog italiano dedicato alle coppie Double Income No Kids (doppio reddito niente figli) creato da un uomo che sta vivendo (serenamente) questa condizione.
La frase "Think Dink" non vuole essere un invito generalizzato a vivere la vita secondo questo status, ma solo l'invito a non considerare questa condizione (definitiva o temporanea) in modo negativo e goderne appieno degli enormi vantaggi che può offrire ad una coppia rispetto ad una condizione "tradizionale".
Invito più persone possibili a dire la loro in merito, sia che vivano questa condizione per scelta, sia che lo facciano per necessità.
La frase "Think Dink" non vuole essere un invito generalizzato a vivere la vita secondo questo status, ma solo l'invito a non considerare questa condizione (definitiva o temporanea) in modo negativo e goderne appieno degli enormi vantaggi che può offrire ad una coppia rispetto ad una condizione "tradizionale".
Invito più persone possibili a dire la loro in merito, sia che vivano questa condizione per scelta, sia che lo facciano per necessità.
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